Presentazione

“Assiso sul trono basaltico paludato col broccato fiorito dei circostanti giardini, volto alle luci radiose del meridione, con alle spalle e ai fianchi lo scenario maestoso dei monti folti di ulivi, ciliegi, castagni e querce, stà il villaggio di Santulussurgiu, Signore del Montiferru, fiero e pomposo tra i suoi montani domini”
Così Felice Cerchi Paba descrive il paese nell’opera che gli dedica. Nel secolo scorso Santu Lussurgiu conobbe un periodo di grande sviluppo, raggiungendo i 6000 abitanti.

Grazie alla forza motrice fornita dai torrenti perenni che scendono dal Montiferru si sviluppò quella civiltà agro-industriale che caratterizzò il paese.Lungo le sponde dei fiumi sorsero decine di mulini, a uno dei quali fu dato persino il nome (sos Molinos): numerose furono le “gualchiere”, nelle quali giganteschi martelli di legno, azionati sempre dalla forza dell’acqua, ammorbidivano l’orbace.

Gli allevamenti fornivano, oltre ai prodotti tipici quali carni, latte e formaggi, i buoi da lavoro e i cavalli.
Attorno a queste attività primarie si sviluppò tutta una lunga serie di botteghe artigiane, che operava sia nella costruzione delle macchine che nella loro riparazione.
Falegnami, maniscalchi,tessitori e fabbri costituivano un tessuto produttivo che trasformò Santu Lussurgiu in un paese prospero e culturalmente vivace.
Racconta sempre Felice Cerchi Paba: “il lussurgese è un artigiano nato. Egli non copia, ma crea……”

L’avvento della meccanizzazione diede un duro colpo all’opera dei mulini e delle gualchiere, mentre nei campi il lavoro dei buoi veniva svolto dalle macchine agricole e anche il cavallo perdeva la sua importanza come mezzo di trasporto.

Dopo la seconda guerra mondiale un’ondata migratoria, diretta soprattutto in Australia e in Europa, spopolò il paese che oggi conta meno di 3000 abitanti.
La memoria di quell’epoca è però rimasta conservata nelle sale del museo della tecnologia contadina, dove è possibile ammirare tutti gli oggetti allora in uso, dalle grandi gualchiere agli alambicchi, ai carri, ai vari utensili, alle curiose trappole per topi, acerrimi nemici dei pastori.

Ma è ancora viva a Santu Lussurgiu l’abilità degli artigiani, che producono per un mercato non solo locale, coltelli, oggetti in pelle,tessuti: molto apprezzati anche i prodotti agricoli, come le carni, i “casizolos” e l’acquavite (filu è ferru).

Anche le antiche tradizioni relative al cavallo e al suo utilizzo, sopravvivono ancora e ne è prova il ripetersi negli anni della famosa “Carrela ‘e nanti”, gioco equestre dove maestria, agilità e coraggio sono gli ingredienti principali.